PENOMBRA DEL
PRIMO MATTINO
di Fabio Massimo Franceschelli
4 Atti. Durata 1’.30’’ ca.
«un giorno Dio incontra Satana e gli fa "Ehi, cugino, come ti va la vita?".
"Mah – fa lui ironico – un vero inferno, scopo tutte le donne che voglio,
bevo vino e mangio ogni ben di Dio... pardon, di Satana. E a te come va?".
"Sai bene che non parlo mai di me.", gli dice Dio.
"Ed è grazie a questo tuo silenzio che il mio popolo gode e prospera.",
risponde Satana beffardo.
"Ed è grazie a questo mio silenzio che il tuo popolo un giorno ti ucciderà.",
risponde Dio enigmatico»
I primi tre atti narrano una storia e il quarto la rinarra. Variandola leggermente (ma significativamente) negli eventi, nei ruoli, nel finale. Si resta col dubbio su quale delle due sia la versione “vera” e quale quella “onirica” (compensatoria dell’altra).
La nuova produzione OlivieriRavelli vira rispetto ai lavori degli ultimi anni (Totem, Terzo Millennio, Appunti per un teatro politico), tesi questi a una particolare elaborazione di atmosfere, tematiche e linguaggi della stagione dell’Assurdo. La continuità stilistica risiede nella forte deformazione onirica del plot narrativo, che mette a fuoco relazioni, caratteri, dualismi, dinamiche, psicologie, ma rifrange la trama sdoppiandola in una sorta di gemellarità omozigote dove le minuscole differenze affascinano e sconvolgono ben più delle somiglianze.
Si racconta di un padre, ex calciatore troppo velocemente posto in cima agli onori mondiali e troppo velocemente scalzato giù nell’oblio. Si racconta della sua rabbia, depressione, voglia di vendetta, e delle sue vittime, i familiari. Si racconta di un amore “reietto”, quello tra fratello e sorella. E infine si racconta di due personaggi, forse reali, forse fantasie emerse da un immaginario biblico, che muovono i protagonisti del dramma a proprio insondabile piacimento.
La storia narrata è quindi un “dramma borghese”, con protagonista una borghesia (o, più estensivamente, una “umanità”) degradata, malata, chiusa in trappola. E tale trappola, posta dalle vicende del padre, chiede scelte radicali a cui le due versioni (primi tre atti da un lato e quarto atto dall’altro) propongono differenti soluzioni.
Quattro atti, in definitiva, che si confermano e poi si contraddicono tra loro, narrando di grandi carriere calcistiche spezzate, vergognosi e impossibili amori incestuosi, irreali presenze maligne e ostinata ricerca del senso del male, in un impianto drammaturgico al tempo stesso geometrico e lynchiano.