TOTEM
di Fabio Massimo Franceschelli
Atto unico. Durata: 1h
Totem è uno sguardo gettato su una famiglia disgregata, violenta, frutto del noto degrado urbano. È uno sguardo effettuato attraverso una lente d’ingrandimento che deforma e rende incubo ciò che è “semplicemente” brutto.
Ma da quella famiglia l’incubo si allarga abbracciando ogni tipo di famiglia e quindi tutta la
nostra moderna, borghese, occidentale società. Non c’è innocenza, non c’è inconsapevolezza, non c’è il vittimismo di chi si sente schiacciato da meccanismi sociali più grandi di lui; tutto è molto peggio: i protagonisti di Totem contribuiscono ottusamente alla propria disgregazione nutrendosi e confermandosi nell'orrore palese che li circonda.
Totem è il riflesso di ciò che si può cogliere nella società contemporanea, ovvero una smisurata e perversa “voglia” di non migliorare. Una specie di ostinata resistenza alla sperimentazione e alla curiosità (i valori fondanti della spinta evolutiva) che rischia di trasformare l'esistenza di ciascuno in una continua auto-negazione di sé. E una vita basata sulla negazione è una vita delirante. L'incomunicabilità, la violenza, l'aggressività sono solo la punta di un iceberg: il corollario a una volontà di sprofondare. Ecco, in Totem c’è l’Amleto che dopo aver preso coscienza sceglie di “non essere”, c’è l’Edipo che progetta deliberatamente la sua tragedia.
Totem è una bolgia esistenziale in cui vittime e carnefici coincidono.